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ISOLE COOK: il Cuore del Pacifico

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ISOLE COOK: il Cuore del Pacifico
Oceania - Isole Cook
Tipologia viaggio: Avventura
Periodo: gennaio 1993
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LUCA CIAFARDONI

Valutazione - Isole Cook

 

Rorotonga: la strada più antica della Polinesia

- Natura: montagne rigogliose, coste ricche di cocotier e un reef coloratissimo - voto 8,5
- Spiagge: tutto sommato di buon livello peccato troppo soggette alle maree e a volte strette - voto 7
- Hotel: molto Mari del Sud - voto 7,5
- Mare:
 me lo aspettavo migliore. Siamo pur sempre in Polinesia e cercare una pozza per poter fare il bagno non è piacevole - voto 6,5
- Paesaggi
: da film! La mia prima visione della Polinesia la ebbi dal Boeing 747/200 dell'Air New Zealand all'alba di un giorno imprecisato di venti anni fa quando le luci fioche illuminavano i monti e le strade deserte delimitate da alte palme... non è un caso che Hugo Pratt abbia ambientato qualche scorribanda di Corto Maltese proprio qui - voto 8,5  
- Anima
: Polinesiana con la P maiuscola - voto 8
- Da non
 perdere: un giro in scooter intorno all'isola, magari su tratti dell'Ara Metua la strada più antica del Pacifico - voto 8
Da perdere: la vita balneare? State un giorno di meno qui e due di più ad Aitutaki

 

Aitutaki: secondo Tony Wheeler (il fondatore delle guide Lonely Planet) è la laguna più bella del mondo... secondo Luca Ciafardoni (il sottoscritto) è l'isola più bella del pianeta

- Natura: un perfetto mix tra isola madre e atolli paradisiaci il tutto incastonato dalla laguna più bella che abbia mai visto - voto 9
- Spiagge: intorno alla terra emersa maggiore sono appena discrete per cui meriterebbeo un 7=; le spiagge dei motu esterni sono tra le più belle della Terra e io valuto queste ultime - voto 10
- Hotel: negli ultimi anni è sorto qualche resorts di lusso; sono presenti un po' tutti i generi - voto 7,5
- Mare:
 vale lo stesso discroso fatto per le "spiagge". Si possono osservare tratti di laguna dalla trasparenza irreale in cui fare immersioni memorabili - voto 10
- Paesaggi
: in assoluto ai primissimi posti tra i più belli del mondo - voto 10  
- Anima
: Polinesiana nell'accezione del termine più positiva... almeno venti anni fa - voto 9
- Da non
 perdere: dopo una lauta colazione uscire i barca e rientrare solo al tramonto - voto 10
Da perdere: -----

 

LUCA CIAFARDONI

Il Cuore del Pacifico - Isole Cook 

15 aprile 1789 - diario di bordo del Bounty (fregata mercantile di proprietà della Marina Inglese), a scrivere è il Tenente di Vascello Comandante William Blight:
- "salpiamo da questo atollo dopo aver cercato invano degli approdi ma viste le ripetute difficoltà desistiamo...."
Quell'isola possiede un nome.... Aitutaki.
Circa due settimane dopo aver veleggiato per 864 miglia nautiche, il 29 aprile dello stesso anno, gran parte dell'equipaggio comandato dal secondo ufficiale di bordo Fletcher Christian compì l'ammutinamento più famoso di tutti i tempi nei pressi del vulcano Tofua alle Ha'apai a Tonga CLICCA QUI. Il mio pensiero, appena appresa questa notizia storica e, soprattutto, dopo aver trascorso giorni da sogno in questo magnifico atollo, è stato: gli ammutinati arrivarono a tale decisione sia per colpa della rigidissima vita di bordo imposta dall'eroico comandante William Blight, sia per la libertà sessuale dimostrata dalle donne Tahitiane ma anche perché non volevano più ripartire dal paradiso rappresentato da Aitutaki. Vi sembra una coincidenza che un equipaggio ammutìni dopo aver visto una delle isole (se non la più bella) del mondo? Personalissima idea penso fondata!

Aitutaki è stata la prima isola tropicale visitata nella mia vita; tale scelta si è rivelata, con il tempo, un errore imperdonabile! Perché? Da quel momento in poi ho sempre cercato qualcosa di paragonabile e soltanto dopo tredici anni ho trovato luoghi che potessero reggere il confronto.
Descrivere questa isola è come parlare di "una di famiglia" tanto la sento vicina... mia! Giungere fin qui non è affatto semplice ed economico, infatti è uno dei luoghi più lontani dal vecchio continente! Significativa è la frase di un abitante dell’arcipelago “se fai un buco qui ed attraversi l’intero mondo, arrivi direttamente in Europa” esempio, assolutamente foriero, dell’incredibile lontananza di queste terre sperdute nel bel mezzo del grande Oceano Pacifico.
Insieme ad altre 14 isole compone l’arcipelago delle Cook, che si divide in Nothern’s Cook e Southern’s Cook, settore, quest'ultimo, a cui Aitutaki geograficamente appartiene. Tale regione si trova proprio al centro dell'immenso triangolo Polinesiano. I locali nel corso dei secoli non hanno mutato il loro modus vivendi fatto di pesca, coltivazione e raccolta delle perle nere (l’atollo di Manihiki, nell’estremo nord, ne produce di meravigliose) e ultimamente anche di turismo che, per fortuna, non si è sviluppato come negli arcipelaghi limitrofi, Polinesia Francese e Fiji solo per citarne qualcuno.
E' certamente una delle isole più belle del mondo ed è meglio scriverlo immediatamente così da avere un’idea di massima sul luogo che andrò a descrivere; la sua laguna è la più spettacolare di tutto l’Oceano Pacifico o meglio, come sostiene l'autorevolissimo Tony Wheeler (fondatore delle guide Lonely Planet), la più bella del mondo. 
Arrivare in aereo è un’emozione fortissima: dopo circa 45 minuti di volo da Rarotonga, l’isola maggiore dell’arcipelago sede dell’aeroporto internazionale, si scorge un triangolo equilatero il cui perimetro è di 40 chilometri, con un’acqua che possiede tutte le sfumature cromatiche del turchese nel bel mezzo dell’oceano. Sull’isola madre, dalle sembianze di una grande virgola, si trova l’aeroporto che fino a pochi anni fa era composto da due strade sterrate e da una casupola con tettoia ricoperta dalle fronde di palme secche. Negli ultimi tempi sono arrivati, ahimé, l’asfalto e il cemento. Da qui è un continuo susseguirsi di isolotti, motu nella lingua polinesiana, in tutto 18, che rappresentano quanto di meglio si possa trovare nell’area tropicale dell’Oceano Pacifico. Un'uscita giornaliera in barca ad Akaiami, Tapuaetai (One foot island), Hooneymooners, Maina e Tekopua, i motu più rappresentativi, è un must a cui non si può proprio rinunciare. Avete presente l’icona dei mari del sud? Be' l’isola di Aitutaki ne è la degna e fedele rappresentazione; ovunque si butti lo sguardo si intravedono palme al vento, spiagge immacolate con sabbia di un bianco accecante, tratti di mare con l’acqua dalla trasparenza irreale, fauna marina di tutto rispetto, coralli che assumono i colori più svariati e tanta quiete; insomma, il tanto famigerato sud Pacifico... la tanto sospirata Polinesia che la maggior parte dei viaggiatori agogna di visitare. Se si è alla ricerca di villaggi, animazione e, perché no, lusso sfrenato bisogna cambiare destinazione anche se ultimamente qualche buon resort è stato, purtroppo, costruito.
Esistono diversi operatori locali che organizzano la gita per raggiungere motu Tapuaetai (One foot island)*. La peculiarità di questo isolotto è quella di possedere un lato in cui sorge una spiaggia bianchissima che scende in acqua quasi verticalmente per una decina di metri dove si possono effettuare fantastici bagni in un tratto di mare (pass) che costeggia il motu Tekopua con un arenile da sogno sul quale passeggiare per centinaia e centinaia di metri; sull'altra costa è presente una spiaggia immacolata che lambisce una laguna con acqua relativamente bassa, massimo due metri, puntellata da altre isole. Un colpo d’occhio spettacolare. Mi sbilancio, e non poco, nell’asserire che trascorrere una giornta nei pressi di One Foot Island rappresenta uno degli accadimenti nella vita di un uomo per il quale vale la pena di vivere! Quello che tante guide, siti web, depliants e libri promettono - e spesso non mantengono - qui si relizza.
Per arrivare al motu Maina si impiegano circa 20 minuti visto che sorge nel punto più lontano di tutta la laguna. Il tragitto è davvero divertente con tanto di sosta per fare snorkelling in un’acqua che sembra “cristallo fuso” - uso le stesse parole di allora - tanto è trasparente. Nei pressi sono presenti tre grandi torri di roccia rivestite da rami di corallo multicolori con pesce pelagico e di barriera. Messo piede sulla spettacolare spiaggia dell'isolotto si è accolti da sterne che volteggiano compiendo piroette intorno a palme da cocco gigantesche di un verde intenso particolarissimo. L’isola è completamente circondata da un arenile largo il cui periplo si compie in circa 10 minuti nel silenzio più assoluto rotto, di tanto in tanto, soltanto dal fragore delle onde che vanno a scontrarsi violentemente sul reef. E' interessante osservare l’oceano, che di pacifico ha solo la denominazione, infrangersi sulla barriera formando spruzzi giganteschi addomesticati dal corallo di questo luogo davvero incontaminato e "dimenticato da Dio". Per pranzo vengono serviti, pesce con cocco, tonno in agro dolce, la verdura cruda e dolci indescrivibili e, onestamente, non tropo commestibili. Con il pane avanzato ci si reca in acqua a dar da mangiare a decine e decine di pesci farfalla. 
A un centinaio di metri dal Motu Maina sorge Hooneymooners Island, isola così chiamata da quando una coppia di facoltosi Neo Zelandesi, all’inizio degli anni ’80, decise di convolare a giuste nozze proprio su questo lembo di sabbia che fino agli anni ‘70 non esisteva neppure. Che strano, in certe aree del mondo le isole sono minacciate dal fenomeno dell’innalzamento degli oceani, al contrario, qui la sabbia abbonda talmente tanto che nascono nuovi splendori. Ho saputo che negli ultimi tempi hanno attecchito dei cocchi così è garantita una nuova generazione di palme e quindi la nascita di una nuova piccola terra emersa. 
Un altro motu da menzionare è certamente Akaiami, sul quale sono sorti dei semplici boungalows dove vengono ospitati fortunatissimi viaggiatori che la sanno lunga in merito all’argomento “tropical-polinesiano”. Dopo la II guerra mondiale gli idrovolanti della TEAL (compagnia aerea australiana) usavano la laguna antistante l'atollo per far ammarare gli idrovolanti così che i viaggiatori potessero rilassarsi qualche ora all'ombra dei cocotier. Anche qui ci troviamo di fronte ad un’isola dalla forma allungata con spiaggia davvero magnifica.  
L’isola principale presenta una collina di circa 150 metri da dove si scorge un panorama mozzafiato. Raggiungerla con uno scooter non è affatto difficile me esiste un tratto in salita, da compiere a piedi, che potrebbe risultare impegnativo se in precedenza ci sono state copiose precipitazioni. Le spiagge sono meno belle rispetto a quelle dei motu, ma alla fine dell’aeroporto si trova lo splendido e lungo arenile dove, in questi ultimi anni, sono sorti degli alberghi a quattro stelle e ristorantini. Al limite nord del tratto di mare che lambisce la spiaggia furono affondati cannoni e altri reperti bellici della seconda guerra mondiale. Con la luce del tramonto si intravedono le parti metalliche che emergono la cui ruggine al crepuscolo si tinge di rosso divenendo un’immagine quasi irreale. 
Ad Aitutaki l’aria che si respira è di massima tranquillità e relax. Andando in giro a piedi o con lo scooter non si fa in tempo ad abbassare il braccio, dopo aver ricambiato un saluto, che immediatamente devi effettuare il medesimo movimento dinanzi a un altro locale. Esistono pochi alberghi, qualche pensione “chez habitant” e qualche ristorantino che propone, spesso, musica dal vivo e pietanze fisse ogni sera cucinate su barbecue. 
Concludo parafrasando la frase scritta all’inizio di questo capitolo e cioè “Aitutaki è una di famiglia” quindi trattamela bene!!!!!!

Esiste una curiosa analogia che lega l'arcipelago delle Cook a quello della Polinesia Francese: Rarotonga somiglia molto a Tahiti  così come Bora Bora ricorda molto Aitutaki.
La mia prima visione della Polinesia la ebbi dal Boeing 747/200 dell'Air New Zealand all'alba di un giorno imprecisato di venti anni fa quando le luci fioche illuminavano i monti e le strade deserte delimitate da alte palme e i primi raggi del sole nascente illuminavano le lagune. Sceso dal jet, nonstante l'ora presto del mattino, fui avvolto dall'aria calda e voluttuosa del tropico. Nei pressi dell'aeroporto mentre venivamo accompagnati al bellissimo Pacific Resort notai due cartelli pubblicitari che mi colpirono moltissimo, il primo citava fai un paragone con le nostre isole... sono belle, serene, amichevoli, eccitanti, orgogliose, istruttive e sicure il secondo invece dava una notizia sanitaria qui non esiste l'A.I.D.S. cortesemente impegnati affinchè resti questa situazione. 
Rarotonga (Raro per gli habitué) è un'isola circolare il cui pericplo si compie in circa un paio di ore di scooter. Non esistono, al contrario di Aitutaki, luoghi indimenticabili però sono da segnalare la capitale Avarua - una delle più piccole del mondo - la bianca spiaggia di Muri con gli isolotti che la proteggono, la black rock e l'interno formato da monti verdi ammantati quasi perennemente da minacciose coltri di plumbee nubi. 
Un paio di giorni sono sufficienti per avere un'idea di massima del posto; se uno arriva alle Cook, secondo me, lo fa per stare ad Aitutaki.

* One foot island - in italiano: isola di un piede; perché si chiama così? La leggenda vuole che un padre e un figlio si nascosero presso il Motu Tapuaetai per sfuggire a morte certa da parte di assassini locali che secoli fa imperversavano sull'isola. Il papà per far perdere le tracce del bimbo, dopo averlo fatto nascondere su una palma da cocco, ricoprì le sue tracce e a ritroso, saltando su un piede solo per confondere i carnefici, si addentrò in acqua.
Chissà, forse il grande regista Stanley Kubrich per la scena finale del labirinto di siepi in Shining prese spunto da questa leggenda polinesiana. 

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Quando osservo un luogo sia esso una città, un'isola, una spiaggia, un paesaggio marino, un monumento (e così via) do molta importanza al "colpo d'occhio" derivante dalla ricettività e qualità alberghiera, stato dell'opera architettonica, colore e consistenza della sabbia, trasparenza dell'acqua, possibilità di effettuare perlustrazioni sottomarine, flora e fauna, affollamento, autenticità ecc. ecc..

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